22.06.2013

Lettera ad un Personal Trainer mai nato

Gran parte dei Personal Trainer di maggior successo,non sono quelli che hanno studiato di più le materie tecniche o commerciali, ma quelli che…

 

Dalla rivista “Fitness&Sport” 3-2013, Autore: Roberto Tiby

LETTERA AD UN PERSONAL TRAINER  MAI NATO

 

 

Oriana Fallaci, una delle più grandi giornaliste italiane di sempre, scrisse, nel 1975, un libro dal titolo “Lettera ad un bambino mai nato”, opera in cui la scrittrice, in una sorta di monologo, si rivolge a se stessa e al bambino che porta in grembo dissertando in merito alle difficoltà del mondo che il nascituro incontrerà una volta nato… Il testo voleva essere una testimonianza e un messaggio contro l’aborto (tema caldo di quegli anni) e una analisi della responsabilità della maternità. E’ un libro straordinario come straordinarie sono state le tante cose scritte da questa grande protagonista del giornalismo e della letteratura italiana, scomparsa nel 2006.

 

 

Circa quindici anni fa iniziavo a pensare a scrivere un libro. Il mio primo libro. Era un pensiero veramente emozionante. Ve lo assicuro. Ancora adesso quando inizio un nuovo progetto per una pubblicazione sento cambiare la respirazione e il battito cardiaco, all’istante. Quel libro voleva mandare un messaggio ai trainer dei fitness club: consideratevi imprenditori e non “dipendenti” perché il mondo del fitness sta cambiando, stanno cambiando gli utenti e gli imprenditori e lo stanno facendo ad una velocità nuova.

 

 

Si era, in quegli anni, agli albori dell’era di internet ma si immaginava che la comunicazione e l’interconnessione avrebbero cambiato qualche paradigma non solo nelle aziende ma anche nei rapporti personali e umani. Io ero appassionato di sport, facevo ancora l’istruttore fitness e il personal trainer ma studiavo marketing e mi domandavo come poteva un istruttore “sfruttare” quel nuovo contesto, come avrebbe dovuto analizzare e affrontare il mercato per diventarne un protagonista attivo e non un gregario passivo.

 

 

Nacque così “L’istruttore imprenditore che, oggi, a 12 anni dalla sua pubblicazione, potrebbe essere considerata una “lettera ad un Personal Trainer mai nato”: un’analisi delle responsabilità dei fitness trainer e delle problematiche commerciali che avrebbe dovuto affrontare negli anni a venire. Spiegato il senso del titolo, mi auguro, adesso, che la metafora con l’opera della Fallaci non sia considerata né troppo “forte” né “presuntuosa”, ma che sia presa per quello che è: una metafora. Proseguiamo.

 

 

Anche grazie a quel libro mi capita, da diversi anni oramai, di fare formazione ai Personal Trainer e di assisterli al loro “impatto” con il mondo del fitness e alla loro “naturale” evoluzione da puri tecnici a imprenditori. In un percorso “normale” il PT subisce il primo “salto” professionale quando, dopo aver ottenuto la certificazione/abilitazione all’insegnamento, inizia a vivere il mercato ovvero a proporsi nei Club come libero professionista. Qui, è ovvio, iniziano i primi problemi inaspettati (per molti). Il trainer si accorge, se non l’ha capito prima, che essere solo trainer non basterà, non sarà sufficiente, ovvero capirà che non tutti si accorgeranno di quanto lui è bravo e preparato solo per il fatto di avere tanti diplomi. Conosco trainer che in questo limbo sono restati per anni e molti che, purtroppo, non ne usciranno mai.

 

 

Alcuni, pochi a dire il vero, sono dotati naturalmente, oserei dire geneticamente, dell’arte di sapersi vendere mentre molti altri, a forza di “delusioni”, capiscono sulla loro pelle, e dopo qualche anno, che questo mestiere è fatto si di tecnica ma anche e soprattutto di un qualcos’altro che “inspiegabilmente” non c’entra nulla con la biomeccanica, con le anamnesi e i fit check. Quel qualcosa è un mix di qualità e di attitudini che, nel percorso formativo “classico” di un PT coprono, in media, uno spazio non superiore al 5/10 % del totale delle sue ore di studio e approfondimento.

 

 

Mi sto riferendo alla comunicazione efficace, alla capacità di parlare in pubblico, alle doti di leadership, alla conoscenza delle dinamiche motivazionali, alla psicologia, al marketing, alle tecniche di vendita e all’intelligenza emotiva. Tutte materie che si possono imparare, come quelle tecniche eppure c’è ancora troppa poca attenzione e dedizione a questi argomenti e sono pochissimi (in proporzione) coloro che vi si dedicano. Ancora oggi gran parte dei PT di maggior successo, infatti, non sono quelli che hanno studiato di più le materie commerciali ma quelli che hanno una personalità leggermente più spiccata di altri che non riescono a raccontarsi a dovere.

 

 

Altro pesante scontro con la realtà i PT lo hanno quando capiscono e, in un qualche modo subiscono, sulla loro pelle gli errori compiuti da molti imprenditori di questo settore in questi anni. Voler offrire un servizio di alta qualità sbagliando drammaticamente le politiche di prezzo e posizionamento ha portato un intero settore o un’intera tipologia di club (quelli che potremmo chiamare “tradizionali”) ad omologarsi sia nel tipo di offerta sia nella qualità del servizio offerto scatenando, com’era ovvio una tensione sui prezzi che, oggi, sono quasi sempre insufficienti a garantire un margine congruo in relazione a i crescenti costi delle strutture e delle organizzazioni.

 

 

La conseguenza è stata una riduzione drastica dei margini/utili e una ricerca di efficienze nelle direzioni più semplici: l’abbassamento dei prezzi degli abbonamenti (come detto) e la riduzione dei costi del personale… Una specie di suicidio di massa. Molti PT che immaginavano di poter fare un po’ gli istruttori/assistenti di sala e un po’ i PT si sono trovati ad affrontare una realtà ben diversa. Paghe da assistenti sotto i 10 euro all’ora e retribuzioni per le ore “da PT” sotto i 20 euro all’ora (calcolati tutti i costi e le ripartizioni con i gestori dei club in cui operano). In molti casi i Tapis roulant sono diventati più importanti di loro, gli investimenti in ristrutturazioni o il pagamento di nuove tasse valide giustificazioni per ridurre, ulteriormente, il loro compenso orario…

 

 

E allora, cosa c’entra il bambino mai nato?

Gran parte delle cose che ho elencato erano già ben visibili 15 anni fa (sono scritte nella premessa del libro) e non hanno fatto altro che realizzarsi e concretizzarsi. Alcuni trainer hanno saputo “leggere” tra le righe e si sono adeguati e, oggi, molti di loro, hanno aperto un centro di PT o lavorano come liberi professionisti guadagnando ciò che la loro competenza tecnica merita. Molti altri non hanno saputo comprendere il mercato, hanno accumulato diplomi e continuano ad ambire di essere assunto da qualche Club, aspirazione legittima per carità, ma, permettetemi, completamente fuori dal tempo.

 

 

Non avendo la possibilità temporale a scrivere un altro libro su questa materia e, allora, provo a scrivere in questo articolo una seconda “lettera”, sperando che sia di stimolo e spunto per qualcuno.

Se quindici anni fa entravamo nell’era della connessione e dell’informatizzazione possiamo facilmente capire che, oggi, stiamo entrando nell’era della condivisione e della ricerca di efficienza. Gli scenari più probabili del prossimo futuro, nel mercato del fitness saranno:

 

 

Dal lato dell’offerta

o Sviluppo delle catene di palestre sia Low Cost che High Price

o Sviluppo dei centri di Personal Training (differenziati anche per target)

o Sviluppo di nuove modalità di servizi di Personal Training “a distanza” / “on demand” (grazie allo sviluppo della velocità di connessione)

o Intervento delle istituzioni nell’offerta di fitness (con il coinvolgimento delle ASL e dei medici di base)

o Ingresso di nuovi concorrenti legati al mondo del benessere ma non direttamente coinvolti (fino ad ora) con l’attività fisica (centri estetici, parrucchieri, erboristerie, parafarmacie, produttori di video giochi, ecc)

 

 

Dal lato della domanda

o Riduzione del tempo disponibile da dedicare a se stessi (mini training)

o Ricerca della condivisione per fare efficienze (group training)

o Diffusione della sedentarietà (nuovi target)

o Aumento dell’interesse verso l’attività fisica come mezzo di prevenzione e non di cura (l’intervento delle istituzioni, alla lunga incrementerà il numero di attivi)

 

 

Dal lato del contesto socio-politico

o Perdurare della crisi economica (almeno fino al 2015/2016)

o Maggior interesse da parte delle istituzioni nei confronti del Business “attività fisica”

o Inasprimento della disciplina fiscale / legale per chi vuole operare nel mondo del fitness sia a livello di impresa giuridica che come libero professionista

 

Quali saranno i riflessi di questi trend sul lavoro del PT?

Sicuramente lo scenario, come si può facilmente intuire, si complicherà parecchio e, allora, sarà ancora più necessario di un tempo di dotarsi di competenze cui si accennava poco sopra oggi ritenute ancora accessorie. Queste conoscenze permetteranno di distinguere sul mercato le opportunità e rifuggire dai pericoli e dalle perdite di tempo e non sarà facile perché il mercato, molto spesso, non è logico e ciò che sembra buono in realtà è cattivo…

 

 

Faccio solo due esempi per chiarire il concetto. Si fa un gran parlare di Medical Fitness ovvero della possibilità che (finalmente) lo stato dedichi la sua attenzione all’attività fisica come strumento per ridurre la spesa sanitaria. A molti operatori del settore fitness, PT compresi, questa sembra una grandissima opportunità, a mio parere, invece, questo non porterà significativi vantaggi (per i prossimi 5/10 anni) ai gestori delle palestre né, tantomeno, ai PT.

 

 

Con un ragionamento diametralmente opposto le palestre Low Cost sembrano entrare a gamba tesa sul mercato e produrre solo sconquassi. In realtà si tratta di aziende che fanno i conti e che spesso li fanno bene, altre volte male, ma almeno i conti li fanno… In queste realtà che, a prima vista, potevano sembrare un ostacolo al lavoro PT potrebbero rappresentare proprio per i PT un’ottima opportunità di lavoro. Ricordiamo che in una low cost non sono previsti istruttori in sala e che contemporaneamente i clienti spendono molto poco per l’abbonamento e chi frequenta quei centri non è un cliente poco abbiente ma uno che in prevalenza sa come muoversi in una palestra… Non saranno tutti clienti potenziali ideali per un PT ma una bella parte si e senza concorrenti (istruttori).

 

Queste e tante altre riflessioni vanno fatte con coerenza e competenza se si vogliono sfruttare tutte le opportunità che il mercato ci concede. Che fare quindi? Il consiglio è sempre lo stesso: studiare e informarsi. Perché il mercato dei prossimi anni sarà molto più complicato di quello attuale e quelle che sembrano opportunità potrebbero non esserlo… e vice-versa. Vi aspetto al CFM 2013/2014 della ISSA.