11.12.2024

Come migliorare l’HRV? Strategie efficaci per ottimizzare la variabilità della frequenza cardiaca

L’Heart rate variability, in italiano, la variabilità della frequenza cardiaca è un fondamentale indicatore del nostro benessere. Mediante questo valore è, infatti, possibile capire quanto il nostro corpo è capace di rispondere alle sfide di un allenamento ma anche emotive. In generale, dice quanto ci sappiamo adattare al mondo esterno. Come migliorare, dunque, l’HRV per assicurarci prestazioni eccellenti da tutti i punti di vista? E soprattutto quali sono i valori ottimali a cui fare riferimento per poi impegnarsi a perfezionarli?

Cos’è l’HRV? In estrema sintesi, l’Heart Rate Variability rappresenta la variazione continua dell’intervallo temporale che vi è tra un battito cardiaco e quello successivo.

HRV deve essere inteso come un indicatore del sistema nervoso autonomo e della capacità di reazione del sistema cardiovascolare. Un’alta HRV denota un buon equilibrio e più resilienza a vari tipologie di stress (dall’allenamento al dolore, all’ansia…).

 

HRV: i valori ottimali

“È molto complicato – spiega Francesco Malatesta, Senior Master Trainer TRX MFS (Master Fitness Scientist) ISSA Europe – stilare una tabella di valori HRV universale per tutti. La variabilità della frequenza cardiaca dipende da molteplici fattori tra cui età, sesso, etnia e vi incidono tantissimi aspetti incluso lo stile di vita”.

I principali indici cui si fa riferimento per individuare i valori ottimali di HRV sono: SDNN e RMSSD. Essi sono fondamentali per osservare come sono gestiti sforzi e affaticamenti fisici e mentali.

SDNN (Standard Deviation of NN Intervals) è la deviazione standard degli intervalli tra battiti consecutivi misurati in un certo periodo. È l’indice che esprime le componenti cicliche che determinano la variabilità della frequenza cardiaca. Valori elevati di questo indice HRV sono ottimali perché dicono dell’abilità a gestire lo stress.

RMSSD (Root Mean Square of Successive Differences, in italiano Radice Quadrata della Media del Quadrato delle Differenze Successive) misura la variabilità a breve termine tra battiti cardiaci consecutivi ed è influenzato dal sistema nervoso parasimpatico. Anche in questo caso, come nel precedente, valori alti significano buone capacità di recupero.

Statisticamente i valori di normalità per l’RMSSD è superiore ai 50 millisecondi e per l’SDNN maggiore di 100 millisecondi.

È però importante ricordare che sono solamente valori indicativi perché dipendono da tantissime variabili intersoggettive e intrasoggettive. Età, etnia, sesso sono caratteristiche che si ripercuotono moltissimo su quelli che possono essere considerati i valori ottimali dell’HRV. Ugualmente circadianità, stagionalità così come lo stile di vita (alimentazione, sonno e attività fisica) hanno degli effetti su questo dato.
Per esempio i bambini hanno mediamente un HRV più basso degli adulti. I caucasici più alto degli africani eccetera.

 

Come agire sulle “3 R” per migliorare l’HRV?

Resting, Reactivuty e Recovery sono i 3 fattori da tenere sempre presenti per capire come migliorare l’HRV attraverso l’allenamento.

“Per eseguire una corretta analisi e poi un programma di allenamento – spiega Malatesta – si deve partire dalla valutazione dei dati a riposo. Questo serve a stabilire la adattabilità della persona e le condizioni di salute generale. Osservando il cambiamento dei valori in fase Reactivity e poi Recovery si comprende l’efficacia dell’allenamento rispetto agli obiettivi che ci si è prefissi. Fermo restando, naturalmente che l’allenamento deprime l’HRV. Per fare un esempio di come migliorare l’HRV, direi che coloro che hanno un HRV particolarmente basso non possono permettersi training cardiovascolare ad alta intensità. Ma, per migliorare l’HRV di soggetti di questa tipologia si deve prediligere un allenamento a bassa intensità e di lunga durata”.

Il risultato di un buon piano di allenamento dovrebbe essere una lenta salita nel tempo dell’Heart Rate Variability. Per migliorare l’HRV l’ideale è concentrarsi, oltre che sull’attività fisica, su altri comportamenti e abitudini.

 

Che cosa aumenta o diminuisce la variabilità della frequenza cardiaca

Per migliorare l’HRV bisogna prestare attenzione, oltre che all’allenamento, a come viviamo, allo stile di vita complessivo.

Alcuni studi, tra cui Stress and Heart Rate Variability: A Meta-Analysis and Review of the Literature hanno evidenziato che in individui affetti da stress cronico, il sistema nervoso simpatico è iperattivato, e determina anomalie. E questo si comprende immediatamente monitorando l’HRV.

Guardando a fattori specifici sui quali si può sicuramente agire con facilità, accanto all’allenamento, vi sono alimentazione e sonno che contribuiscono a alzare o abbassare l’HRV.

 

Alimentazione

Non è un mistero che una cattiva alimentazione faccia male. Ma la misurazione dell’HRV lo conferma.

Nello studio Heart-rate variability: a biomarker to study the influence of nutrition on physiological and psychological health? si legge che un HRV ridotto è associabile allo sviluppo di numerose condizioni, quali diabete, malattie cardiovascolari, infiammazione, obesità e disturbi psichiatrici. Premesso ciò, si sostiene che la relazione costante tra HRV, salute e morbilità supporti la tesi secondo cui l’HRV ha il potenziale per diventare un biomarcatore ampiamente utilizzato quando si considera l’influenza della dieta sulla salute mentale e fisica.

Per quanto riguarda la dieta è stato scoperto che elevati apporti di grassi saturi o trans e di carboidrati ad alto indice glicemico tendono a ridurre l’HRV. A proposito di acidi grassi, la ricerca Trans-Fatty Acid Consumption and Heart Rate Variability in 2 Separate Cohorts of Older and Younger Adults conferma che il consumo di acidi grassi trans-18:2 (un tipo di acido grasso polinsaturo) è associato a indici meno favorevoli di HRV sia nella popolazione anziana sia nei giovani.

Inoltre, come riportato nello studio Obesity, Nutrition and Heart Rate Variability gli analisti concordano sul fatto che vi è un’associazione inversa tra aumento di peso (e obesità) e alterazione dei parametri HRV.
Tra i numerosissimi dati evidenziati in questo lavoro sono, nello specifico, state notate correlazioni significative tra elevati livelli di glucosio plasmatico a digiuno e ridotta modulazione parasimpatica (cioè un ridotto recupero della frequenza cardiaca dopo test da sforzo cardiopolmonare). D’altra parte, è stata riscontrata una associazione negativa tra SDNN e LOC (perdita di controllo nel mangiare).

 

Sonno

Il sonno è un processo fisiologico che coinvolge più sistemi biologici, la sua integrità è essenziale per il mantenimento dell’omeostasi. Dormire un buon numero di ore e soprattutto poter contare su un sonno di qualità è importantissimo per la salute.
Dormire poco o svegliarsi durante il sonno profondo (fondamentale per il ripristino fisico) o nella fase REM (impostante per il ripristino mentale) impedisce di risollevare la variabilità della frequenza cardiaca o, peggio, la abbatte.

 

HRV basso cosa fare?

Come si può desumere da tutto quanto sopra, le leve su cui si può abbastanza facilmente agire per incrementare e dunque migliorare l’HRV sono allenamento, alimentazione e sonno.

È poi importante ricordare che non bisogna disperdere il proprio potenziale fisico. Ovvero ci sono persone che hanno un buon valore HRV che non adottando buone abitudini rischiano di ridurlo.

Una comprensione approfondita di SDNN e RMSSD può aiutare a monitorare la salute generale, migliorare la gestione dello stress e ottimizzare la performance atletica. Utilizzare questi indici in combinazione fornisce una visione dettagliata della salute del cuore e del benessere generale, permettendo interventi più mirati per migliorare la variabilità della frequenza cardiaca.

Per quanto riguarda l’allenamento, personal trainer preparati e opportunamente formati sono in grado di sfruttare il valore HRV per creare programmi personalizzati tesi non solo a migliorare la forma fisica ma anche il benessere complessivo.

Un approccio basato su HRV permette di adattare intensità e volume di allenamento alle reali condizioni fisiologiche e suggerisce come migliorare l’HRV stesso.