Cibi ultraprocessati: quali sono, esempi e come riconoscerli
29 Agosto 2025

Negli ultimi anni l’attenzione verso ciò che portiamo in tavola è cresciuta enormemente. Tra i temi più dibattuti c’è quello dei cibi ultraprocessati, una categoria di alimenti ottenuti grazie a procedimenti industriali complessi. Si tratta di prodotti ormai diffusissimi, ma imparare a riconoscerli e a comprenderne gli effetti sulla salute è fondamentale per fare (e suggerire) scelte alimentari consapevoli.
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Cosa si intende per cibi ultraprocessati
I cibi ultraprocessati non sono semplicemente alimenti conservati o trasformati con tecniche tradizionali (come fermentazione o essiccazione). Si tratta, invece, di formulazioni create a partire da ingredienti frazionati e modificati chimicamente, spesso arricchiti con additivi e confezionati con strategie di marketing mirate.
Tra i passaggi produttivi più comuni troviamo:
- frazionamento delle materie prime in zuccheri, oli, proteine, amidi e fibre;
- modificazioni chimiche, come idrolisi o idrogenazione;
- assemblaggio con additivi (coloranti, aromi, dolcificanti, emulsionanti, esaltatori di sapidità);
- confezionamento avanzato, studiato per aumentare la durata e l’appeal del prodotto.
Il risultato? Prodotti pratici, economici e altamente appetibili, pensati per sostituire alimenti freschi o minimamente trattati.
Quali sono i cibi ultraprocessati? Alcuni esempi
Molti alimenti di uso quotidiano appartengono a questa categoria. Tra i più diffusi:
- pane industriale o di panetteria da farine raffinate;
- bevande gassate, sia analcoliche che alcoliche;
- snack confezionati dolci e salati;
- dolciumi (cioccolato industriale, creme spalmabili, caramelle, gelati);
- margarine e formaggi fusi o spalmabili;
- biscotti, torte confezionate e cereali da colazione;
- piatti pronti, pizze surgelate, zuppe istantanee o dessert confezionati;
- carni ricostituite come hamburger, hot dog, nuggets, surimi.
Ingredienti come zuccheri modificati, oli idrogenati, proteine isolate e additivi cosmetici sono la firma che caratterizza i cibi ultraprocessati.
I 3 diversi livelli di trasformazione degli alimenti
È importante distinguere i vari gradi di trasformazione.
- Cibi minimamente trattati o non trasformati: frutta, verdura, cereali, legumi, carne, latte semplicemente refrigerati, essiccati, bolliti o fermentati in modo naturale. Mantengono le proprietà originarie.
- Ingredienti trasformati: sostanze estratte da alimenti naturali (olio, zucchero, sale, burro) usate per cucinare, ma non consumate da sole.
- Prodotti trasformati: combinazione di ingredienti semplici con alimenti freschi (es. pane artigianale, formaggi fermentati, conserve). Sono pensati per aumentarne conservabilità e sapore senza stravolgere il prodotto.
I modelli alimentari tradizionali – come la dieta mediterranea o quella giapponese – si basano proprio sull’equilibrio tra queste tre categorie, garantendo varietà e benessere.
Come riconoscere cibi ultraprocessati, qualche suggerimento e un test
Un trucco semplice è leggere la lista degli ingredienti. Se compaiono sostanze che non useresti mai in cucina (come maltodestrina, proteine idrolizzate, aromi artificiali, dolcificanti come aspartame, coloranti o emulsionanti), molto probabilmente si tratta di un cibo ultraprocessato.
Un aiuto in più arriva dalle app di scansione alimentare, che classificano i prodotti e forniscono informazioni dettagliate.
Il test delle 5 domande
Quando sei al supermercato, verifica quanto segue.
- Contiene massimo 5 ingredienti?
- Riconosco ogni ingrediente come “da cucina di casa”?
- Esisteva già 100 anni fa?
- È un prodotto fresco o frutto della fabbrica?
- Ha più proteine che zuccheri o carboidrati raffinati?
Se la risposta è sì, il prodotto è una scelta più sicura per la salute.
Perché limitarne il consumo
Gli studi scientifici concordano: i cibi ultraprocessati sono poveri di nutrienti e ricchi di zuccheri, grassi di scarsa qualità e sale.
Non saziano a lungo, possono alterare la salute intestinale e sono stati associati a obesità, ipertensione, malattie metaboliche e cardiovascolari.
La loro diffusione – favorita da prezzi bassi, lunga conservazione e pubblicità – ha progressivamente sostituito il “cibo vero”. Ovvero induce a sottovalutare una alimentazione sana, basata su piatti preparati con ingredienti freschi e ricette semplici.
Diversi studi di alto livello evidenziano che un’alimentazione ricca di queste formulazioni industriali (come detto caratterizzate da ingredienti artificiali, elevate componenti energetiche e scarso valore nutrizionale) è associata a ben 32 effetti negativi sulla salute, tra cui malattie cardiovascolari, disturbi mentali, diabete, obesità e aumento della mortalità.
Parallelamente, anche rassegne sul sito di Harvard Health confermano il legame stretto tra diete ricche di cibi ultraprocessati e un aumento di malattie di questo tipo e, inoltre, insonnia e, in generale, ridotta aspettativa di vita.
Sulla base di tali evidenze, emerge chiaramente che non si tratta di demonizzare un singolo ingrediente, ma di affrontare l’effetto cumulativo di abitudini alimentari sbilanciate.
Alternative sane ai cibi ultraprocessati
Per ridurre il consumo di ultraprocessati si può ricorrere ad alimenti genuini, come:
- pane fatto in casa con farine integrali macinate a pietra;
- acqua, infusi, kefir autoprodotto;
- frutta secca al naturale, legumi tostati;
- frutta fresca o essiccata senza zuccheri aggiunti;
- cioccolato fondente puro o sorbetti casalinghi;
- olio extravergine di oliva e burro tradizionale;
- formaggi artigianali semplici;
- zuppe preparate in casa con legumi (valida alternativa proteica) e cereali integrali;
- pizza casalinga con farina, lievito, pomodoro e olio;
- carne e pesce freschi, oppure polpette fatte in casa con ingredienti naturali.